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  • A cura di Fra Antonio Gentili OFMCap Assistente

Rimanete in me e io in voi


Dal Vangelo di Giovanni 15,1-8

«Rimanete in me e io in voi» è il messaggio che sta al centro del Vangelo. La reciproca unione tra Cristo e il credente è indispensabile per sentire la gioia di vivere.

Un credente, ma ancor prima un uomo, è uno che ha l’umiltà di capire e di ammettere che non è possibile salvarsi da soli, e non si riesce a salvare quasi niente della nostra vita se non ci lasciamo visitare da qualcuno che è in grado di entrare nella nostra vita per spezzare la solitudine in cui viviamo. Sarebbe uno stupido orgoglio, da parte nostra, pensare il contrario. Lasciarsi visitare da Dio è innanzitutto uno spiraglio inferto alla nostra autosufficienza, è una finestra spalancata in una stanza dove l’aria ormai è putrefatta e soffocante.

Come il tralcio per non seccare ha bisogno di restare unito alla vite, così noi credenti, dobbiamo essere innestati nella luce del Risorto, se vogliamo portare frutto, perché: «chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano».

Gesù utilizza un’immagine bellissima per spiegarci la necessità di essere ancorati a lui per sentire la gioia di vivere: l’immagine della vigna. Una vigna molto bella e molto rigogliosa non è sufficiente; nessuno pianta e coltiva una vigna per poi sdraiarsi nella sua ombra, neanche per avere la legna per accendere un fuoco. Ciò che conta, per davvero, è solamente il frutto, e che sia buono. La vite non produce uva per se stessa, ma per gli altri. Il tralcio trova la propria realizzazione quando vede spuntare le gemme, le foglie, i grappoli. Gesù attraverso questa bellissima immagine spiega a ciascuno di noi che il segreto della vita gioiosa è «fare molto frutto», e per fare ciò è necessario stare con lui.

In pratica si è discepolo di Cristo, cioè il cristiano non per se stesso, ma per gli altri; così la fede deve essere vista come un posto di lavoro. L'utilità e la bellezza della fede non si vedono tanto quando la esercitiamo nella solitudine, ma quando essa diventa servizio agli altri, cioè quando si traduce nella carità. Ognuno di noi dovrebbe domandarsi: perché mi è stata donata la fede? Come la esercito nella vita quotidiana? Di chi mi devo occupare attraverso questo dono?


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