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  • A cura di Fra Fabio Carrieri ofmCap Assistente

Hic me solus amor non mea culpa tenet


Dal Vangelo di Marco 14,1-15,47

Qui mi tiene solo l’amore non la mia colpa: : è questa la scritta posta sopra il crocifisso del XV secolo che troviamo nella chiesa di san Bernardino da Siena a Morano Calabro piccolo paesino della provincia di Cosenza; essa richiama a pieno il messaggio della Domenica delle Palme che apre la settimana santa.

Solo l’amore e non la colpa, solo un grande amore che spinge l’Altissimo ad offrire il figlio che nella sua vita ha provato ogni genere di difficoltà per dimostrarci che è un Dio vicino; sale sulla croce per esser con me e come me, affinché io sia con Lui e come Lui.

L’amore conosce molti doveri ma il primo fra tutti è di essere con l’amato, unito, stretto, incollato a lui, anche se questo significhi salire il calvario e vivere la croce: questa può farci paura ma se non la affrontiamo vivremo eternamente nel giovedì santo senza risorgere al mattino di Pasqua.

Tante volte della nostra vita facciamo esperienza di tradimento: tra gli sposi, gli amici, la famiglia, tradire significa ingannare la fiducia che qualcuno ci ha consegnato, Giuda appartiene alla categoria dei traditori; e noi? Io? Tu? Siamo sempre stati leali? Alzi la mano chi non è mai stato tradito? Alzi entrambi le mani chi ha tradito e se le guardi bene: queste stesse mani che tante volte hanno abbracciato, accarezzato ed accolto sono diventate allo stesso tempo strumento per favorire il proprio tornaconto tradendo la fiducia di chi camminava mano nella mano con noi guardando al futuro insieme.

Giuda ha vissuto questa triste esperienza: ha stretto tra le mani, le stesse che chissà quante volte avranno sfiorato Gesù e magari proprio mentre il Signore gli lavava i piedi e lui nel suo cuore già tramava tutto quanto, i trenta denari. Quanto costa un amore?

Lui, l’uomo del bacio, lo ha valutato poco; quel bacio aveva il sapore del nemico, nonostante i tre anni trascorso con Gesù, il quale ha chiamato amico lui come gli altri undici. Un’azione di questo genere richiede tanta sfrontatezza, tanta spavalderia da scavalcare i sentimenti umani, ma Giuda si è fatto forte portando altre persone con sé, perché fossero loro a sporcarsi le mani mentre a lui bastava sporcarsi solo le labbra. La sua vita è finita appesa ad una corda, forse voleva essere dimenticato da tutti e da tutto, ma Gesù ha usato ancora una volta la misericordia e Giuda lo ritroviamo tante volte sulle nostre strade; è quell'uomo che nella tentazione ci dice di guardarlo, egli vuole essere guardato, per metterci in guardia da quello che anche noi potremmo vivere, potremmo sperimentare vivendo nel buio della menzogna e dell’ostentata ricchezza.

Egli è dentro di noi, ci guarda, ci parla, ci sostiene, ci fa vivere quell'amarezza che a volte ci fa deviare dalla strada intrapresa. Quella strada che ci porta dentro al mistero della Croce che, come ci ricorda Paolo, è uno scandalo e una stoltezza: scandalo per chi ha un'immagine di Dio giudice, e Lo scopre misericordioso e compassionevole; stoltezza per chi attribuisce a Dio un'immagine di supereroe e se lo vede appeso ad un patibolo, con la certezza di risuscitare da morte.Questo Dio appeso ad una croce solo per amore, diventa, per chi si fida di Lui, fonte di salvezza: è il grande mistero che vivremo durante la settimana santa.

Non scandalizziamoci per un Maestro abbandonato dai suoi discepoli, tradito dai suoi amici e messo in croce da chi oggi lo osanna come Re: facciamo la fatica di rimanere anche noi, come Maria e Giovanni, sotto la croce, e al mattino di Pasqua potremo dire che ne è davvero la valsa la pena.


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