Dal Vangelo di Luca 2,22-40
Gesù, presentato dai suoi genitori nel tempio si sottomette ad ogni condizione umana e rituale ed entra nel tempio come ogni primogenito degli ebrei.
I giorni della purificazione vengono compiuti, nell’ebraismo tutte le cose che riguardavano la vita: la nascita, la morte, la realtà biologica maschile e femminile, erano legate a riti di purificazione non perché avevano un senso di sporco ma al contrario un senso di sacralità, perché la vita va consegnata a Dio, la vita non la possiamo gestire da soli. L’uomo quando rivendica a sé la gestione della vita compie i peggior delitti.
Qui vediamo una madre che ha un primogenito e lo consegna a Dio, ma in realtà è Dio stesso che sta consegnando il suo primogenito all’uomo.
Affinché la nostra vita salga dalla polvere alla gloria, visto che la gloria si è fatta polvere in Cristo Gesù, abbiamo bisogno di consegnarci al Signore. La logica umana non basta per realizzare la nostra vita: che i nostri cuori siano attraversati da “spade” che ne rivelino i pensieri, che tutto quello che è nostro venga vagliato, e donato al Signore per fare della nostra vita un capolavoro.
La nostra vita è di Dio e se non è sacra non è nemmeno umana, non è compiuta: in Dio tutto diventa santo meraviglioso ma dobbiamo consegnarglielo. Questo non può farlo lui strappandocelo, ma glielo dobbiamo dare noi con le nostre mani come Maria che lo dà. Questa pericope inoltre ci presenta il vecchio Simeone che aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere e farà rifiorire la sua vita.
La nostra vita non si spegnerà senza risposte. Verrà anche per noi il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire. Cristo come caduta e contraddizione: caduta del nostro mondo di maschere e bugie. Cristo come risurrezione: forza che fa ripartire quando si sente il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della parte buona che è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato.