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A cura di Fra Franco Nanni OFMCap Assistente

Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita


Commento al Vangelo di Luca 15,1-3.11-32

Il Vangelo di oggi inizia con una mormorazione farisaica e perbenista fatta da chi, ritenendosi di essere giusto, non poteva e né doveva contaminarsi con i peccatori e apostrofano Gesù dicendo:“Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.

Gesù non si formalizza, anzi, approfitta della situazione, dà un nuovo insegnamento e dice: Un padre aveva due figli. Il minore chiese la sua parte di eredità e se ne andò via a godersi la vita in maniera spensierata e scellerata. Ciò che non è frutto del proprio sudore lo si sciupa con una facilità estrema. Quando ebbe speso tutto e complice la carestia, si trovò nel bisogno. Apre gli occhi. Riflette: “Quanti salariati in casa di mio padre?”.Mi alzerò; andrò; dirò.

La fede fa aprire gli occhi e fa scoprire il nulla che si è, la miseria che si è e si affida alla smisurata misericordia di Dio. Non è mai tutto finito. C’è sempre una speranza, c’è sempre una porta aperta: quella del cuore del Padre. L’amore di Dio è un amore paziente, un amore che sa attendere,è alla porta di casa e attende il ritorno del figlio lontano. Ecco la buona notizia. Dio ci attende per fare di noi una creatura nuova.

Con questa speranza si riprende il cammino.

Il padre vedendolo arrivare gli corre incontro e grida: “Mangiamo e facciamo festa”.

Il figlio maggiore torna dai campi e non vuole partecipare alla gioia del padre che, umilmente, di nuovo esce fuori. Va incontro al figlio fedele come è andato incontro al figlio perduto. È sempre lui che si muove per primo e non importa se questi lo merita o meno. È necessario fare festa, gli dice, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

Con questa parabola Gesù invita ad avere, nei confronti del peccatore-fratello, lo stesso amore del Padre: amore senza misura.

Gesù chiama a non giudicare, ma a essere misericordiosi come il Padre.

Gesù vuole che, come figli maggiori, condividiamo la gioia del Padre per il figlio minore (peccatore)perso e ritrovato.

Gesù chiede un cambiamento di mentalità: in pratica chiede di accogliere come fratelli e come sorelle anche quegli uomini e quelle donne verso i quali nutriremmo sentimenti di disprezzo e di superiorità.

Infine Gesù denuncia un pericolo in cui si può incorrere: quello di una vita vissuta per essere una persona perbene, attaccata alla ricerca della perfezione, giudicando sempre gli altri e manifestando, come il figlio maggiore rimasto a casa, sempre e tutti i propri buoni meriti: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando”.

Questa è la conversione a cui siamo chiamati; sia che ci riconosciamo come il figlio prodigo o come il figlio maggiore in questo tempo quaresimale siamo interpellati a misurare la nostra vita con i progetti del Padre e a condividere la sua voglia di voler fare festa con tutti i suoi figli, nessuno escluso.


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